L’evoluzione umana ha conosciuto grandi cambiamenti nel corso dei millenni, dal passaggio dalle società di cacciatori-raccoglitori a quelle agricole e di allevamento, dall’era industriale alla rivoluzione dell’intelligenza artificiale in corso. In ogni periodo, il lavoro ha svolto un ruolo fondamentale, rappresentando una leva incredibile verso il progresso tecnologico, la civiltà e la socialità, ma anche problemi di portata universale, profondi cambiamenti comportamentali, malcontenti, preoccupazioni e resistenze.
Ad esempio, il passaggio da raccoglitore-cacciatore all’agricoltore-allevatore è il principale motivo della sedentarietà dell’essere umano. Basti pensare che l’altezza media diminuì da 178 cm a 168 cm per gli uomini e da 165 cm a 155 cm per le donne – valori medi dal Paleolitico al Neolitico – durante la transizione da raccoglitore ad agricoltore e che bisognerà attendere l’inizio del XX secolo per riscontrare nuovamente le stature precedenti la rivoluzione del neolitico (fonti in fondo all’articolo).
La sedentarietà ci ha reso completamente dipendenti dalle colture e dagli animali domestici cosa che, per certi versi, è un’involuzione in quanto abbiamo disimparato come sopravvivere nella natura che non solo ci circonda, ma ci contiene. Questo passaggio ci ha anche aperto al mondo che conosciamo oggi favorendo la condivisione degli spazi, il sorgere delle comunità, delle relazioni umane, il benessere. Tutto questo si può facilmente ritrovare in uno dei tanti grafici che rappresentano l’incremento della popolazione mondiale: se fino al neolitico la crescita era pari a zero, da quel momento in poi è iniziata una curva esponenziale positiva il cui incremento permane tutt’oggi.
Stesso discorso per la rivoluzione industriale che ha generato non poche preoccupazioni sulla riduzione del lavoro manuale e sull’espansione delle fabbriche. In molti pensavano che il tasso di disoccupazione mondiale sarebbe crollato generando povertà e decrescita. Questo pensiero era così forte che nasce proprio durante la prima rivoluzione industriale il Luddismo che oggi su Garzanti viene definito “ogni tendenza sindacale contraria all’introduzione di processi di lavorazione automatici”.
Come oggi sappiamo bene, molti pensieri negativi legati alle grandi evoluzioni umane si sono dimostrati spesso infondati. Nel passaggio all’agricoltura e all’allevamento, molte persone temevano di perdere la libertà e l’autonomia che avevano nella vita di cacciatori-raccoglitori. Tuttavia, l’agricoltura e l’allevamento hanno portato alla nascita delle prime città e all’aumento della produttività, aprendo la strada alla prosperità economica e alla crescita della civiltà umana.
Idem per la rivoluzione industriale che ci ha permesso di esplorare e scoprire una miriade di opportunità: dalla medicina al trasporto, dalle comunicazioni allo spazio.
Oggi, con l’ormai sdoganamento dell’IA, si stanno generando nuove preoccupazioni e movimenti di protesta. Tuttavia, come suggerisce il libro di James Suzman “Work: A Deep History, from the Stone Age to the Age of Robots”, è importante evitare di essere guidati da timori infondati e valutare in modo realistico le opportunità e i rischi che l’IA può comportare.
Rischi che per me hanno il maggior impatto sull’ambiente e sulla gestione delle risorse energetiche, più che sul lavoro e l’economia. Non per questo, però, va fermata o la si può fermare.
D’altronde, siamo esseri viventi alla costante ricerca di mezzi e metodi con cui ottenere maggiore energia che ci garantisca una maggiore sopravvivenza. Ricerca che genera, quindi, una costante e infinita rincorsa all’energia sempre maggiore.
È il destino segnato nel DNA dell’essere umano: lavorare e ingegnarsi per produrre sempre maggiore energia che poi consumiamo in quantità sempre maggiori per produrne sempre di più. Un loop infinito dove l’effort per fare un nuovo giro è sempre maggiore e la spinta che se ne ricava supera di gran lunga quella precedente, ma non abbastanza per poter fare un nuovo giro senza ulteriore investimento di energia.
L’introduzione dell’IA in tutto questo ragionamento, secondo me, può produrre due effetti: portare a un aumento esponenziale di questo rapporto produzione-consumo poiché la sua capacità incredibile di elaborare dati e informazioni ci permette di aumentare la velocità con cui facciamo un giro nel nostro loop evolutivo incrementando in maniera ancor più esponenziale la nostra ricerca di maggior energia e il suo successivo consumo, come in un gioco senza fine e sempre più rapido dove gli unici che possono perdere e perdersi siamo proprio noi; offrire un’opportunità unica per ridurre questo rapporto sfruttando proprio la capacità di elaborazione di dati e informazioni dell’IA al fine di individuare nuove forme di ottimizzazione dei processi produttivi e di efficienza energetica. Del tipo, noi con le nostre teste non siamo stati capaci di elaborare soluzioni a questa rincorsa infinita al consumo di energia, ma abbiamo creato una macchina che ci può pensare.
È scontato, naturalmente, che per evitare di finire nel primo caso sia importante, se non fondamentale, affrontare questa nuova era basata sull’Intelligenza Artificiale in modo sostenibile ed etico, ricordandoci ogni giorno che il nostro domani dipende dal nostro comportamento e dalle scelte che facciamo oggi. Se iniziamo tutti quanti, partendo dagli addetti ai lavori, a prestare maggiore attenzione all’etica e alla sostenibilità e a considerare questi aspetti nella nostra attività quotidiana, allora ci saranno maggiori possibilità di sviluppare tecnologie AI in modo responsabile.
Anche perché, anche se esiste già un campo di ricerca chiamato “AutoML” (Automated Machine Learning) che utilizza l’IA per automatizzare il processo di progettazione di modelli di machine learning, non possiamo aspettarci che le macchine si auto programmino per salvarci da noi stessi – almeno non al momento.
Inoltre, ci sono anche questioni etiche e di sicurezza legate all’IA che richiedono – per nostra fortuna – la supervisione umana e la responsabilità. Ad oggi e che io sappia, le macchine non possono prendere decisioni etiche o moralmente giuste senza una guida umana, poiché non possiedono una comprensione complessa della morale e dell’etica – a dire il vero non presente neanche in tanti esseri umani!
In conclusione, e per rispondere alla domanda con cui questo articolo-riflessione è partito, credo che l’IA possa generare più opportunità che danni solo e soltanto se prendiamo coscienza che siamo noi i fautori del nostro destino e decidiamo di volerci salvare da una sorte che, con qualsiasi altro scenario diverso da quest’ultimo, ci vede perdenti e inseriti in un frenetico e diabolico loop autolesionistico.
A presto,
Mirko
© Mirko Maiorano