Misurare l’insuccesso è la vera vittoria

Se stai misurando e analizzando il tuo successo già è qualcosa. Se stai misurando e analizzando anche i tuoi insuccessi sei sulla strada giusta per un approccio al miglioramento continuo.

Quando non esistevano gli strumenti adeguati e neanche la mentalità giusta, si osservava la superficie dell’acqua e vedendo emergere la punta di un iceberg, si tendeva a giudicare la sua dimensione basandosi su ciò che era visibile. Oggi, per fortuna, sappiamo che ciò che non vediamo, la massa sommersa dell’iceberg, rappresenta la parte più significativa in termini di volume e di pericolosità. Lo stesso vale per il percorso imprenditoriale.

Quando affermo “Se stai misurando e analizzando il tuo successo, già è qualcosa”, mi riferisco a quella parte dell’iceberg visibile sopra l’acqua.

Purtroppo, nonostante oggi la tecnologia a nostra disposizione sia esponenzialmente superiore a qualche decennio fa, moltissimi imprenditori e manager utilizzano ancora approcci e metodi di misurazione paragonabili a quelli adottati per la navigazione oltre due secoli fa, soffermandosi esclusivamente sulle metriche in superficie e spesso nascondendo o ignorando le altre.

Ma è essenziale riconoscere che quello che sta sotto – gli insuccessi, gli errori, le sfide – sono le lezioni preziose che ci offrono l’opportunità di crescere e migliorare puntando al futuro.

Perché è importante misurare gli insuccessi

In un mondo dove il successo è celebrato, è facile cadere nella trappola di concentrarsi esclusivamente sulle vittorie. Ma gli insuccessi, gli errori e le sfide sono spesso più istruttivi dei successi stessi. Essi sono le esperienze che ci formano, che affinano la nostra resilienza e ci insegnano cosa evitare in futuro.

Pensiamo al Survivorship Bias. Questo ci inganna facendoci concentrare solo sui successi, trascurando le storie di chi non ce l’ha fatta.

Ad esempio, durante la Seconda Guerra Mondiale, gli alleati cercavano di determinare come poter rinforzare i loro aerei per proteggerli meglio dalle mitragliatrici nemiche. Per farlo, studiarono gli aerei che rientravano dalle missioni per vedere dove erano stati colpiti maggiormente. Inizialmente, pensarono di rinforzare le zone dove gli aerei mostravano più danni.

Tuttavia, un matematico di nome Abraham Wald sottolineò un errore fondamentale nel loro ragionamento: stavano solo considerando gli aerei che erano riusciti a tornare dalle missioni. Gli aerei che erano stati abbattuti — e quindi non erano tornati — non erano inclusi nell’analisi. Wald suggerì che invece di rinforzare le zone dove gli aerei rientranti avevano subito danni, avrebbero dovuto rinforzare le aree dove gli aerei rientranti non mostravano danni. Questo perché le zone senza danni sugli aerei rientranti erano probabilmente quelle che, se colpite, avrebbero portato all’abbattimento dell’aereo.

Questo approccio rivoluzionò il modo in cui gli aerei venivano rinforzati, salvando potenzialmente innumerevoli vite. È un esempio perfetto di come il Survivorship Bias possa portare a decisioni errate e come una comprensione profonda del problema possa offrire soluzioni innovative.

Anche in campo medico il Survivorship Bias può manifestarsi quando si prendono in considerazione solo i pazienti che “sopravvivono” ad una certa procedura o trattamento, senza tener conto di coloro che potrebbero avere avuto esiti negativi o che non hanno completato il trattamento. Questo può portare a una visione distorta dell’efficacia di un trattamento e potrebbe sovrastimare la sua sicurezza o efficacia.

Per esempio, se un nuovo trattamento per una malattia grave ha un alto tasso di abbandono a causa degli effetti collaterali, ma quelli che lo completano mostrano un alto tasso di successo, potrebbe sembrare che il trattamento sia estremamente efficace. Tuttavia, se non si prendono in considerazione le persone che hanno abbandonato, si sta ignorando una parte fondamentale del quadro generale.

Celebrando solo i vincitori, perdiamo la profondità delle informazioni e le lezioni che possono essere apprese da coloro che non sono riusciti a raggiungere il podio. Gli insuccessi, in effetti, sono spesso più formativi dei successi.

Mindset e strumenti

Gli strumenti contano, ma avere il giusto mindset è fondamentale. Prendiamo “Black Box Thinking” di Matthew Syed come esempio. Il libro esplora come gli errori, quando analizzati correttamente, possono diventare potenti lezioni. Invece di nascondere gli errori, dovremmo esaminarli, scomporli e imparare da essi.

Oppure Raffaele Gaito che nel suo “Growth Hacking Mindset” sottolinea l’importanza di avere un approccio mentalmente agile e focalizzato sulla crescita imparando rapidamente attraverso un processo basato sull’apprendimento. Non si tratta solo di tecniche e strategie, ma di un vero e proprio modo di pensare che mette al centro l’innovazione continua e la sperimentazione.

Anche Jim Collins, nel suo “Good to Great”, ci spinge a riflettere su ciò che rende alcune aziende grandi. Non si tratta solo di avere successo, ma di analizzare, riflettere e migliorare costantemente studiando successi e insuccessi dei grandi.

Attenzione però, come ho scritto sopra non è solo una questione di approccio, ma anche di strumenti giusti: dalla scelta di cosa misurare alla fase decisionale.

Ad esempio, uno strumento utile in fase di esplorazione e decisione di soluzioni per un determinato problema è il workshop Lightning Decision Jam (LDJ).

Il workshop che inizia riconoscendo i successi, ma si immerge rapidamente nei problemi in profondità permettendoci di identificare le cause, definire le sfide e, infine, far emergere delle soluzioni tangibili.

La bellezza del LDJ sta nella sua capacità di combinare sia i successi che gli insuccessi per fornire una mappa chiara di come progredire. È una pratica che non solo riconosce l’importanza di celebrare ciò che va bene, ma anche di affrontare e risolvere ciò che potrebbe andare meglio.

Come strumento per migliorare la fase di misurazione e raccolta dati, invece, c’è il mio Piano di misurazione che può tornare utile. È una semplice tabella che ci costringe a definire cosa ci interessa misurare, il come e soprattutto il perché utilizzando la formula: Voglio misurare X tramite Y per Z.

X = metrica

Y = metodo e tecnica di misurazione

Z = il perché, il nostro obiettivo di misurazione


OMTM, Metriche di valore e North Star Metric: l’effetto domino e l’arte dell’errore

Nel mondo delle startup e del business digitale, le metriche di valore, la OMTM e la North Star Metric (NSM) sono all’ordine del giorno.

In particolare la NSM è quella metrica guida che fa muovere tutto il resto. È come un ingranaggio di orologio: quando si muove una parte, tutto il sistema risponde.

Ma dietro a questo movimento c’è un’intera meccanica di tentativi ed errori, sperimentazioni e correzioni. Quindi osservare solo la NSM può anche funzionare, ma senza un sistema più complesso di dipendenze tra le varie metriche di valore e OMTM, difficilmente riusciremo davvero a scoprire come accelerare la nostra crescita. Un po’ come guardare solo la punta dell’iceberg!

Nel mondo dell’arte o dello sport, ad esempio, ammiriamo il prodotto finale, ma raramente consideriamo il processo dietro. Ogni opera d’arte o ogni vittoria è il culmine di innumerevoli ore di pratica, errori, e revisioni.

Come ho sempre sostenuto, “Se stai misurando e analizzando il tuo successo, già è qualcosa. Se stai misurando e analizzando anche i tuoi insuccessi, sei sulla strada giusta per un approccio al miglioramento continuo”.

La Scienza degli errori

La scienza è il campo per eccellenza dove gli errori sono visti come opportunità di apprendimento. Ogni esperimento fallito, ogni ipotesi rigettata porta ad una maggiore comprensione. La ricerca scientifica, infatti, è un processo sistematico e metodico che mira a scoprire nuove conoscenze o a confermare o refutare teorie e concetti preesistenti. Si basa sulla raccolta di dati attraverso osservazione e sperimentazione e sulla loro analisi e interpretazione.

Il mio principale lavoro all’interno di 20tab, ad esempio, è proprio l’analisi e lo studio di tutto ciò che non è andato come ci si aspettava e che può essere migliorato raccogliendo metriche di valore in ogni fase.

Questo approccio in azienda lo adottiamo a tutti i livelli e aree sposando a pieno la cultura del KaiZen : dal marketing alla finanza, dalla produzione alla felicità e benessere del team.

Un approccio che ci ha permesso di ottenere una crescita del 350% negli ultimi 3 anni e di scoprire diverse opportunità di miglioramento che abbiamo nel nostro backlog!

Walkie-cup

Come ogni mio articolo o newsletter che si rispetti non posso chiudere senza riempire il tuo bicchiere di alcuni concetti che spero porterai nella tua quotidianità.

Misurare e analizzare il successo, come ho scritto all’inizio, è solo la punta dell’iceberg. Ma, se vogliamo davvero capire come affrontare o addirittura evitare rischi e pericoli, ma soprattutto diventare migliori giorno dopo giorno, dobbiamo misurare e analizzare anche gli insuccessi. Dopotutto, se non misuriamo, come possiamo sapere dove ci siamo sbagliati e cosa dobbiamo correggere?

E qui entra in gioco la cultura aziendale. Una cultura che non solo valorizza il successo, ma che vede ogni insuccesso come un’opportunità, come una miniera d’oro di apprendimento. Questo approccio richiede un cambio di mindset: da una mentalità di ‘evitamento dell’errore’ a una di ‘apprendimento dall’errore’.

È questo il cuore pulsante del miglioramento continuo. E quando un’intera azienda abbraccia questa filosofia, quando diventa parte del suo DNA, allora sei veramente sulla strada giusta per una crescita consapevole ed esponenziale.

A presto,

Mirko

Sull'autore

Mirko Maiorano

Head of growth di 20tab, una società di consulenza specializzata in digital product management & development, e Presidente della categoria Digital di Confimi Industria Abruzzo. Negli anni si è specializzato in growth marketing, analisi dei dati, pubblicità online, strategia go-to-market, metodologia lean startup e pretotyping. Appassionato di community, fintech, e-commerce e di tutto ciò che è digitale. Spesso ricopre il ruolo di coach e mentor nel mondo Startup, e su alcune ci investe personalmente. Divulga tramite il suo blog, eventi e conferenze più per piacere che per lavoro.

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